Volendo attribuire al comparto delle arti applicate il concetto espresso da Carlo Ludovico Ragghianti nei riguardi degli artisti che, negli anni fra le due guerre, non appartennero per coraggiosa scelta alla dominante categoria degli ‘ismi’, vale a dire quell’idea di ‘insularità’ che identificando capolavori di notevole forza poetica tracciava un inedito arcipelago di personalità artistiche necessarie a recuperare, nel loro insieme, il tessuto organico di un fondamentale momento della nostra vicenda culturale, vien naturale estendere quella folgorante intuizione critica alle ricerche che sempre più numerose si addentrano oggi nel ricchissimo e ancora in buona parte inesplorato territorio delle manifatture, che proprio a datare dalla svolta novecentesca attribuirono all’ “artiere”, antesignano del design, un ruolo di particolare prestigio. A tale valore crede fermamente Valentino Minocchi che in questo volume fa convergere i lunghi tempi di un’indagine appassionata e rigorosa da lui dedicata all’arte ceramica sviluppatasi in territorio aretino quando gli indirizzi del ‘ritorno all’ordine’ recuperavano, tramite gli incentivi dati agli Istituti d’arte e ai committenti di opere pubbliche, la figura nobilissima dell’artigiano capace di coniugare la propria abilità tecnica con gli esiti del dibattito figurativo contemporaneo. Il ricco e in buona parte inedito apparato illustrativo dà subito conto di questo serrato dialogo, in cui archeologia, pittura, scultura, complessi architettonici si confrontano con evidente sintonia secondo il sincretismo delle arti che intendeva appunto superare l’emergenza del ‘capolavoro’ e delle correnti egemoni in favore di un tessuto narrativo che poneva in relazione fra loro le espressioni di una civiltà che non escludeva le insulae della periferia, integrate in un sistema che invece garantiva omogeneità di espressione ed ampia visibilità. La ricerca di Minocchi, muovendo dalle pregiate collezioni ottocentesche presenti in special modo ad Arezzo, si concentra di seguito sulla manifattura ceramica Arretina Ars per delineare inoltre i profili di Alessandro Del Vita, studioso e imprenditore di notevole caratura, e di Zulimo Aretini, maestro nel genere del graffito-policromo che avrà importanti sviluppi fra Arezzo, Monte San Savino e l’Umbria. Nel tracciare un dettagliato resoconto dell’arte ceramica, con documentati e suggestivi riferimenti ai materiali e alle tecniche esecutive, l’autore fa rivivere le “vetuste botteghe dei cocciai di Anghiari”, la Fabbrica di Maioliche Tricca a Borgo Sansepolcro, le terraglie all’uso inglese di San Giovanni Valdarno, la ditta Ferrea di Strada, fornendo così una preziosa geografia del nobile artigianato in territorio aretino che viene dunque affrancato dal pericolo di un’ingiusta marginalità per essere consegnato (riprendendo il concetto di Ragghianti) all’arcipelago inesauribile della creatività italiana e, grazie a provate analogie e affinità, al più ampio dibattito dell’arte novecentesca.
Carlo Sisi